In questi giorni, a proposito del referendum in Catalogna e di quello in Veneto, si sente parlare spesso di legalità, di legalità costituzionale e legittimità, abbiamo visto che per le autorità spagnole la legalità è addirittura ancora più importante della democrazia e del volere del popolo. Anche per le autorità italiane la legalità è più importante della democrazia, infatti tante richieste popolari vengono bocciate perché dichiarate illegali e se un giorno il popolo veneto chiedesse l’indipendenza, come ha fatto quello catalano, la reazione delle autorità italiane sarebbe simile a quella che abbiamo visto in Spagna.
Ma visto che la legalità è così importante da minacciare perfino la democrazia, andiamo a vedere quanta legalità c’è nel percorso che ha portato il popolo veneto sotto la dominazione italiana e poi, quanta legalità c’è nel sistema istituzionale italiano.
Le sventure del nostro popolo iniziano nel 1.797 con l’invasione napoleonica, nonostante la Repubblica Veneta si fosse dichiarata neutrale alla fine, fu invasa dalle truppe francesi, che in barba ad ogni principio di legalità internazionale e accordo prestabilito, si impossessò delle terre venete. Ma questa non fu la sola illegalità, quando il Maggior Consiglio votò il passaggio dei poteri alla municipalità provvisoria, secondo i documenti del tempo, non c’era il numero legale dell’assemblea per fare quella delibera, inoltre si cominciavano a sentire degli spari per cui i votanti, sentendosi minacciati, non poterono esprimere il loro voto in libertà, come avrebbero voluto i principi basilari della legalità.
Pertanto il trattato di Campoformio che cedeva la Repubblica Veneta all’Austria non rispettava alcun criterio di legalità, perché Austria e Francia si spartivano una terra che non era loro, se non in virtù di abusi, soprusi e l’unica legge rispettata era quella della forza e della prepotenza.
Da questo possiamo notare che tutti gli atti che decretarono la fine della repubblica veneta furono illegali sia dal punto di vista del diritto interno che da quello internazionale. Però, nonostante questo, da repubblica diventammo succubi dell’impero austriaco, facendo un pauroso salto all’indietro, non solo, perdemmo contemporaneamente anche la Liberté, Egalité e Franternité che avevamo prima e che dobbiamo ancora ritrovare.
Ma le illegalità non sono finite; infatti nel 1866 nella terza guerra di invasione (in Italia la chiamano d’indipendenza) nonostante le pesanti sconfitte subite dall’esercito italiano nelle battaglie di Lissa e Custoza da parte dell‘esercito Austro-Veneto (in quel periodo i veneti facevano 24 mesi di leva nell’esercito austriaco), a causa dell’alleanza con la Prussia, l’Austria si vide costretta a cedere le terre venete all’Italia.
Però in virtù delle battaglie vinte contro l’Italia e in onore del valore con cui si batterono i (pluridecorati) soldati veneti, pretese ed ottenne che le terre venete tornassero libere e che solo tramite un plebiscito il popolo veneto potesse scegliere se rimanere libero o sottomettersi alla dominazione italiana, la Francia avrebbe dovuto garantire la regolarità del plebiscito, fissato il 22 ottobre 1866.
Ovviamente anche questa volta di regolare e legale non ci fu nulla, in accordo coi francesi le truppe italiane invasero le terre venete due giorni prima del referendum, il voto era palese, ogni seggio aveva due urne, una per il si e una per il no, i seggi erano presidiati dall’esercito e su tutti i cittadini furono esercitate forti pressioni, la propaganda era a senso unico e molti subirono minacce, solo una parte degli aventi diritto andò a votare. Senza timore di sbagliare possiamo definire questo plebiscito una farsa messa in piedi solo per ratificare decisioni già prese tra le potenze in gioco a danno del popolo veneto.
Le illegalità comunque non finiscono qui, anche nel referendum del ’46 per scegliere tra repubblica e monarchia furono commesse irregolarità. Allora non si fece votare in Istria e in Dalmazia perché occupate dall’esercito jugoslavo, ma in quel momento quelle terre, dal punto di vista legale, appartenevano ancora all’Italia e un referendum non può essere considerato legalmente legittimo se alcuni territori appartenenti allo stato italiano non poterono votare.
Altra illegalità fu compiuta nel 1975 col Trattato di Osimo con il quale la zona “B” del Territorio Libero di Trieste (un bel pezzo di Istria da Muggia fino a Cittanova) fu ufficialmente ceduta alla Jugoslavia, questo faceva seguito ad un accordo del 1954, in quel periodo il 75% degli abitanti di quella zona era Veneto. Questo nonostante l’articolo 5 della Costituzione Italiana (approvato nel 1948, cioè molti anni prima) dicesse “La Repubblica, una e indivisibile,…”.
Da tutti questi fatti possiamo capire che i termini illegalità e legalità vengono usati a piacimento dal potere costituito indipendentemente dall’effettiva legalità o illegalità degli atti.
Notiamo che l’art. 5 della costituzione viene tirato in ballo quando fa comodo, ma in quel caso è stato infranto e parti del territorio italiano sono state divise e cedute senza battere ciglio. Il comportamento cambia invece se è un popolo a chiedere di autodeterminarsi, ogni richiesta viene definita illegale, ma andiamo a vedere quanta legalità e rispetto della costituzione c’è nella repubblica italiana.
Cominciamo dall’art. 5 dopo “una e indivisibile” c’è scritto: “riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo …”. Invece ci rendiamo conto che lo stato, in aperta violazione delle norme costituzionali, non solo non promuove le autonomie, anzi oserei dire le ostacola, inoltre è molto carente anche nel decentramento amministrativo, infatti in molti casi ha addirittura un centralismo esagerato e inefficiente! Non solo, ma continua a gestire materie che per costituzione sarebbero di esclusiva competenza regionale, come l’agricoltura e il turismo (art. 117 comma 4, i relativi ministeri furono addirittura aboliti anche da un referendum nel 1993), come le pari opportunità (art. 117 comma 7), come lo sviluppo economico (art. 117 comma 4, art. 119 comma 5). Questi i casi più evidenti ed eclatanti, ma sono tantissime le materie di competenza regionale gestite illegalmente dallo stato, con la colpevole complicità di corte costituzionale e capo dello stato!
Andiamo a vedere ora come comincia l’articolo 119 della Costituzione del ’48: “Le Regioni hanno autonomia finanziaria….” e andiamo vedere com’è stato modificato nel 2001: “I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia finanziaria di entrata e di spesa”. È incredibile! Il cosiddetto “federalismo fiscale” è in costituzione da quasi 70 anni! E nessuno lo ha mai attuato, e poi ci vengono a parlare di legalità. Alcuni partiti ne hanno fatto una bandiera, ma dovrebbero solo far applicare la costituzione!!
Purtroppo il primo ostacolo all’applicazione della Costituzione è proprio la Corte Costituzionale, ai vecchi parrucconi della corte bisognerebbe spiegare che non siamo più negli anni ’40 del secolo scorso e che il centralismo fascista/comunista oramai è superato.
Possiamo concludere che l’Italia non è un paese fondato sul lavoro, ma sull’illegalità, praticata e promossa dai più alti organi istituzionali, pertanto ci troviamo di fronte a un regime di illegalità istituzionalizzata!
Come risolvere la questione? Unica soluzione: indipendenza subito!
Francesco Falezza