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Buoni si ...........

07 Maggio 2016
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Il Veneto ha una produttività e uno sviluppo industriale superiore a quello del Giappone. Per capire, basti pensare che la produzione industriale della sola provincia di Vicenza è superiore a quella di tutta la Grecia.

Il Veneto ha una densità demografica altissima e il livello di tassazione è uguale, se non superiore, a quello dei paesi scandinavi.

Il risultato che ne consegue è un territorio molto inquinato, con difficoltà di spostamento e servizi essenziali scadenti.

Però né il Giappone né i paesi scandinavi sono ridotti così! Come mai?

Perché se ci muoviamo con l’auto siamo sempre in coda? Perché i camion delle nostre fabbriche impiegano così tanto a consegnare i materiali? Perché, nonostante i contributi versati la pensione sarà così bassa e dobbiamo farne una integrativa? Perché non ci sono aiuti per le nostre aziende in questo momento di crisi? Perché se prenotiamo una visita medica specialistica all’USL dobbiamo aspettare mesi oppure pagarci tutto da soli? Perché per trovare una piscina coperta dobbiamo fare tanti chilometri? Perché il servizio scolastico è sempre carente e mancano soldi sia per attività alternative che per quelle essenziali? Perché gli insegnanti sono sempre pochi per coprire i posti e il tempo pieno non si può fare? Perché per un processo sia penale, che civile bisogna aspettare così tanto? Perché se abbiamo un malato grave in casa è quasi tutto sulle nostre spalle? Perché, in caso di vera necessità, i servizi sociali possono fare così poco?

Va bene, speriamo tutti di non averne mai bisogno, ma la dura legge della vita, prima o poi, ci metterà di fronte alla realtà e per questo conviene pensarci prima.

Possiamo vedere che, già nel Trentino, nonostante tutti i loro problemi, va già molto meglio che dalle nostre parti, se poi andiamo a vedere i servizi che sono attivi in paesi come il Giappone, oppure la Svezia vediamo che la tutela sociale e gli aiuti garantiscono una buona sicurezza e un ottima qualità della vita, non solo, ma le imprese riescono ad operare nel migliore dei modi.

Ma se noi lavoriamo e produciamo più di loro e se paghiamo tasse più di loro come mai da noi non è così come da loro? Dov’è che abbiamo sbagliato? Noi abbiamo sempre pensato a lavorare, ma dove sono finiti e dove vanno oggi i nostri soldi?

Ma allora perché anche noi non chiediamo che i nostri soldi rimangano sul nostro territorio come succede da tutte le altri parti di Europa?

Perché altrimenti ci dicono che siamo razzisti ed egoisti! E noi ci crediamo e vogliamo dimostrare che non è vero e per questo ci guardiamo bene dal chiedere ciò che ci spetta!

Il Veneto è la regione con più associazioni di volontariato, con il maggior numero di donatori di sangue e di organi, in parole povere, è la regione che dimostra e sottolineo dimostra la più alta solidarietà, ebbene, a fronte di questo, come ci dipingono? Come il gretto ed egoista Veneto che pensa solo a lavorare e a far soldi! Ma lo fanno così bene, ce lo dicono così convinti, che alla fine ci crediamo per davvero!

Signori, adesso è venuto il momento di dire basta a questa colossale presa in giro, la globalizzazione in atto e la nuova realtà economica fatta di import selvaggio e delocalizzazione produttiva non ci permettono di scherzare ancora sul nostro futuro.

Veramente siete convinti che lasciare andare il frutto del nostro lavoro nelle mani del governo centrale comporti un vero aiuto a chi ne ha bisogno? Non siamo ridicoli! Lasciare andare i nostri soldi significa solo alimentare lo spreco di denaro pubblico e rendere impossibile ogni controllo!

Pertanto chiediamolo con determinazione, è un nostro diritto, ma è anche un nostro dovere, diciamo basta a sprechi e disservizi, il Veneto deve diventare indipendente, come Slovacchia, Montenegro, Slovenia, Kosovo, ecc. ecc.……. 

Buoni si ……… fessi no!

Che senso ha?

15 Aprile 2016
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Mi chiedo e molti si chiedono se ha senso nel terzo millennio, nel nuovo mondo globalizzato, in piena crisi economica parlare ancora di identità e popolo Veneto, di stato Veneto libero e indipendente?

Molti mi rispondono che, vista la corruzione, l’inefficienza e gli sprechi dello stato italiano… il quale non rispetta nemmeno la propria costituzione (art.114 e seguenti) ed è governato da una maggioranza relativa che si ritiene al di sopra e al di fuori delle leggi e delle regole (vedi “pastroci” elettorali)… in definitiva… non solo ha senso parlare di stato Veneto indipendente, ma l’indipendenza è una cosa assolutamente necessaria!

Altri mi dicono che lo stato italiano nei 150 anni della sua breve storia ci ha portato crisi economiche una dietro l’altra, che hanno provocato disperazione ed emigrazioni di massa, ha provocato due guerre mondiali, si è reso responsabile, in nome e per conto di quella bandiera, di deportazioni e leggi razziali ….per cui non solo ha senso parlare di autodeterminazione del popolo Veneto, ma l’indipendenza è una cosa assolutamente necessaria!!

Ma, voglio dire, al di là dell’inevitabile marciume italiano, avrebbe senso comunque parlare di indipendenza dello stato Veneto?

E qua, per la risposta, è necessario vedere che tipo di mondo vogliamo... se vogliamo il mondo della cultura unica e del pensiero unico globale, dell’uniforme e dell’uniformità, dell’omogeneo e dell’omologato …. se vogliamo che il grigiore della massificazione del pensiero e della cultura sia il nostro futuro … allora, in questo caso, non ha senso parlare di cultura e indipendenza veneta…

Se invece pensiamo che le differenze culturali, siano come le differenze di temperatura, cioè energia vitale e necessaria, se ci piace un mondo dai mille colori, dove ogni colore è un popolo con la propria cultura, con la propria storia, col proprio stato… bello perché diverso dagli altri … e queste “biodiversità” ci piacciono e ci fanno capire quando grande e bella sia l’umanità e vogliamo preservarle, per quanto possibile… Bene! Allora, non solo ha senso parlare di autodeterminazione del popolo Veneto, ma l’indipendenza è una cosa assolutamente necessaria!!

Ma, ammesso tutto questo, venendo al tasto più delicato, ha senso dal punto di vista economico parlare di indipendenza Veneta?

Se diamo uno sguardo ai “vecchi” stati, di stampo napoleonico, nei secoli scorsi, con dazi alle dogane e commercio possibile solo all’interno dei propri confini.. vediamo che erano costretti, per trovare sbocchi commerciali, a cercare continuamente di espandere i propri confini e a cercare nuove colonie da sfruttare….. con la conseguenza che le guerre, per motivi economici, erano all’ordine del giorno… adesso, invece, con la globalizzazione e la libertà di circolazione delle merci e delle persone, il rischio di guerre economiche è fortemente diminuito, ma i “vecchi” stati, come l’Italia, grandi carrozzoni burocratici, contenitori di realtà fortemente eterogenee e diversificate…. non riescono a dare le risposte, agli imprenditori e ai lavoratori, che la competizione economica globale richiede, mentre gli stati più piccoli, culturalmente ed economicamente omogenei, stanno risorgendo, noi, invece, rischiamo il fallimento e la bancarotta, pertanto non solo ha senso parlare di autodeterminazione del popolo Veneto, ma l’indipendenza è una cosa assolutamente necessaria!!

Un progetto politico per i Veneti

06 Marzo 2016
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A cosa serve un progetto politico? Uno mi ha detto che fare un referendum per l’indipendenza è semplice come cuocere delle patatine fritte… Io ho risposto che anche per delle semplici patatine ci vuole la sua ricetta, figuriamoci se non ci vuole una “ricetta” per riuscire a fare un simile referendum…

Abbiamo constatato che nel sedicente libero e democratico stato italiano la corte costituzionale non vuole permettere che il popolo veneto si pronunci nemmeno in forma consultiva su questo tema… così tutti abbiamo capito che fare questo referendum non sarà così semplice come poteva sembrare. Anche perché non basta farlo, ma bisogna raggiungere il “quorum”, cioè ci vuole un alto livello di partecipazione. Però non basta nemmeno questo, perché il referendum bisogna vincerlo! Ma non basta ancora, perché bisogna anche che il referendum sia riconosciuto dalla comunità internazionale che deve mandare i propri osservatori, ma ancora non è sufficiente, perché bisogna che i risultati e le determinazioni del popolo vengano rispettati!

Anche questo non è semplice perché ci troviamo sotto uno stato che non rispetta nemmeno le proprie leggi e la propria costituzione, prendiamo per esempio il ministero dell’agricoltura che recentemente ha cambiato nome e si chiama delle politiche agricole: si trova ancora li nonostante sia stato abolito da un referendum e sia incostituzionale perché l’agricoltura (art.117) è una materia di esclusiva competenza regionale (giusto per renderci conto in quale marciume istituzionale siamo immersi).

È chiaro che per realizzare una cosa così complicata serve un progetto politico, ma molti si chiedono in cosa consisterebbe un progetto politico? Un progetto politico non è altro che un piano d’azioni da compiere per raggiungere l’obiettivo prestabilito, in parole povere si tratta di pianificare un percorso che ci permetta di raggiunger il nostro scopo.

Ma andiamo a vedere tutti i vantaggi che si avrebbero con l’adozione di questo progetto:

·         Credibilità – La maggior parte delle persone a cui si chiede se sono favorevoli all’indipendenza risponde “Magari!”, che significa “Bello, ma impossibile” oppure “Fantastico, se solo si potesse fare”, vale a dire che queste persone non credono attuabile un simile obiettivo, dunque lo giudicano non credibile. La mancanza di credibilità in ambito politico è una cosa gravissima, ma a questo si può facilmente porre rimedio con la presentazione di un progetto pratico e realizzabile per dimostrare la concretezza e la fattibilità dell’obiettivo.

·         Sapere cosa fare – Abbiamo appena potuto constatare le difficoltà che ci sono per il raggiungimento dell’obiettivo, ma con un piano d’azioni ben definito ogni sindaco, ogni consigliere, ogni militante saprebbe bene cosa fare. Ogni sezione, ogni comune, ogni organo di potere sarebbe in grado di portare avanti azioni utili alla realizzazione dei nostri scopi, sia in maniera autonoma che coordinata.

·         Per non litigare – Nella costruzione di una casa è importante che idraulico ed elettricista vadano d’accordo? No, perché ognuno ha da seguire un progetto dove c’è scritto tutto quello che deve fare, anzi potrebbero benissimo lavorare perfino senza parlarsi. Ma se non ci fosse il progetto e dovessero accordarsi continuamente su dove posizionare caldaie, split, termoconvettori, pannelli solari, ecc. ecc. … ecco che le occasioni di litigio sarebbero innumerevoli. Così è anche per la politica, se lavoriamo insieme a un progetto è molto più difficile litigare e per noi veneti, che siamo “barufanti” di natura, non è cosa da poco.

·         Per distinguere gli amici dai nemici – Continuando con l’esempio della costruzione di una casa, se uno scava una buca per fare le fondamenta e uno la riempie con materiali per creare un basamento: chi ha ragione e chi ha torto? In mancanza di un progetto è impossibile stabilirlo, eppure stanno facendo due azioni contrarie!! Altro esempio: siamo tutti d’accordo per la pace nel mondo, ma c’è chi per la pace porta aiuti umanitari e chi, per lo stesso motivo, butta bombe… chi ha ragione o chi ha torto? Anche qui, in mancanza di un progetto è impossibile stabilirlo!! È fondamentale avere un progetto per capire chi è nemico o amico: chi lavora per realizzarlo è amico, chi lavora a qualcosa di diverso è nemico, non solo, ma con un piano d’azioni prestabilito è anche più difficile essere deviati (immaginate da chi…) su condotte dannose al raggiungimento dell’obiettivo.

·         Per valutare l’operato delle persone – Come si fa a sapere se un sindaco, un consigliere o anche un semplice militante ha operato bene o male? Se ho un progetto è facile, basta vedere i punti portati avanti e/o realizzati e quelli no. Infatti se un sindaco asfalta strade, costruisce scuole e abbassa le tasse potrà anche essere un buon sindaco, ma non è quello che interessa a noi… i nostri obiettivi sono diversi, ma senza un progetto sul quale basarsi anche queste semplici valutazioni sono impossibili.

·         Per non sprecare tempo ed energie – Quante iniziative inutili o forse dannose sono state intraprese fino a oggi? Una marea! Con un chiaro piano d’azioni questo non sarebbe successo, ottimizzare le forze e non sprecare tempo ed energie è un imperativo, ma senza un progetto è impossibile riuscirci!

·         Per trovare unità è molto più semplice unirsi per realizzare un progetto che per soli fini elettorali o opportunistici visto che questi tipi di unioni o accordi sono sempre regolarmente falliti. Non solo ma è logico che forze che hanno progetti uguali o compatibili si uniscano, mentre è meglio evitare unioni tra fautori di progetti diversi e inconciliabili.

Abbiamo compreso che avere un progetto politico è indispensabile alla buona riuscita delle nostre azioni… e difatti su questo tutti sono d’accordo… ma allora dov’è il problema? Il problema è che nessuna forza politica indipendentista o autonomista veneta si è mai dotata di un piano politico per raggiungere gli obiettivi preposti.

Speriamo che presto cambi qualcosa e che tutte le forze politiche indipendentiste venete adottino un valido progetto politico e si diano da fare celermente per realizzarlo!

 

Francesco Falezza

I.S.I.S.

25 Novembre 2015
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Impossibile non commentare la tremenda serie di attentati accaduti quest’anno, la prima cosa che ho notato è che per le televisioni ci sono attentati di serie A e di serie B. Per esempio il centinaio di morti per l’attentato al corteo pacifista in favore dei curdi ad Ankara (Turchia) del 10 ottobre (in quanti se lo ricordano?) non ha fatto molto clamore, anche se la gravità era paragonabile a quello di Parigi. Anche in questo caso è stata addossata la colpa all’ISIS, ma nessuno se ne è preoccupato più di tanto, tanto l’unico a trarne vantaggio è stato il presidente uscente che nelle successive elezioni si è ripreso la maggioranza assoluta che aveva appena perso! Inoltre ha avuto una buona scusa per bombardare i curdi (che combattono contro l’ISIS!).

L’ombra del terrorismo di stato è forte e ci fa capire che a pochi importano le sorti del popolo curdo, tanto più che con le sue richieste di libertà continua a disturbare la comunità internazionale (e lo stato turco). Una comunità internazionale che non vuole saperne di rispettare i diritti dei popoli, compreso quello veneto, ma di questi problemi non si deve parlare, del rispetto dei diritti umani bisogna tacere, la gente non deve sapere, ma di questo parleremo un’altra volta.

Altro attentato che ha destato scalpore all’inizio dell’anno è stato quello al settimanale satirico “Charlie Hebdo”, l’intera redazione è stata sterminata, ma poi è successo qualcosa di strano: sull’indagine della magistratura è stato posto il segreto di stato! Ma no, anche in Francia l’ombra dei servizi segreti, sembra di essere tornati indietro nel tempo: agli anni 70 e 80 delle stragi italiane. Oppure quando furono incriminati i capi del servizi segreti perché avevano fatto sparire i pizzini di Totò Riina, si difesero dicendo che in quei biglietti c’erano i nomi di 1.000 alte cariche dello stato e pertanto furono assolti, perché eliminandoli salvarono lo stato italiano dal disastro!

Veniamo ora agli attentati più recenti quello dei kamikaze che si sono fatti esplodere nel quartiere sciita di Beirut il 12 novembre e quello dell’aereo russo fatto esplodere in volo il 31 ottobre. Anche qua ci troviamo di fronte ad attentati gravissimi e sanguinosi, ma considerati di serie B dalle TV. A chi interessa se a perdere la vita sono libanesi o russi? Contano solo le vite perse dagli occidentali… il resto del mondo non conta, questo razzismo strisciante non mi piace per niente. Eppure siamo di fronte a forze che combattevano seriamene e veramente contro l’ISIS, cioè ci stavano aiutando in questa lotta al terrorismo, ma anche a loro non è stato data grande importanza e nemmeno grande risalto mediatico.

Infine ecco gli attentati di Parigi ed è successo il finimondo, ma andiamo con ordine da qualche anno a questa parte il terrorismo si è sviluppato su scala mondiale, ma da dove sono saltati fuori tutti questi terroristi? Chi ha creato, finanziato, mantenuto e pilotato tutte queste organizzazioni?

Per capire da dove è nato tutto bisogna ritornare al tempo dell’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica (1979-1989), in quei tempi, come dichiarato da Hillary Clinton, furono armati dei mujahideen in Pakistan con il compito di combattere i russi, ma quando i Russi abbandonarono l’Afghanistan quei fanatici armati furono lasciati là senza preoccuparsi di cosa avrebbero potuto fare e cosa sarebbero potuti diventare; infatti si trasformarono in Al-Qaeda e addirittura pare che Osama Bin Laden che poi diventerà il nemico numero uno degli Stati Uniti all’inizio lavorasse per la Cia.

Poi la guerra in Iraq con l’eliminazione di Saddam Hussein fece il resto, mettendo il paese nel caos, adesso anche Tony Blair chiede scusa del pasticcio combinato, a questo aggiungiamo l’aggressione armata della NATO alla Libia e la conseguente uccisione di Gheddafi che consegnò anche quelle zone nelle mani degli estremisti islamici.

Per completare lo scacchiere mancava la destituzione del re di Siria Bashar al-Assad e per fare questo qual è stata la geniale pensata? Armare, finanziare addestrare l’ISIS, questo per ammissione di senatori americani e anche di funzionari della CIA.

Possiamo pensare che la situazione sia un po’ sfuggita di mano perché l’ISIS non si è limitato alla Siria, ma si è “allargato” anche all’Iraq. Inoltre se anche la Siria finisse definitivamente nelle mani dell’ISIS pensiamo veramente che questi siano migliori, più sicuri e umani di Assad? Penso proprio di no! Poi è chiaro che questi non si fermeranno o c’è qualcuno che lo pensa davvero? Possiamo solo dire chi semina vento raccoglie tempesta!

Certamente adesso ci dicono che bisogna appoggiare solo i “terroristi moderati” contro Assad e non l’ISIS, ma fino a quando resteranno moderati? Sempre ammesso che un guerrigliero terrorista si possa considerare moderato, e dov’è il confine tra gli uni e gli altri? Ovviamente non c’è ed è per questo che l’ISIS è così forte. Infatti siamo sicuri che tutti combattano veramente contro lo stato islamico come dicono? Evidentemente no, l’esercito islamico gode di pesanti appoggi che lo riforniscono di soldi e armamenti, nonostante le false dichiarazioni! E chi potrebbero essere questi? Tutti quelli che vogliono abbattere il regime di Assad e cioè Turchia, Arabia Saudita, Usa, Israele, Francia, Qatar, ecc. ecc. E invece chi lo combatte veramente? Sicuramente l’esercito regolare Siriano, i Curdi, i Russi, gli hezbollah libanesi e l’Iran.

Si vuole esportare la democrazia? Abbiamo visto che razza di democrazia c’è in Iraq e in Libia dopo l’intervento occidentale. O si vuole liberté egalité fraternité alla francese come quando Napoleone è venuto da noi? A scuola non ce lo dicono, ma i signori francesi, anche se appoggiati da qualche veneto giacobino o massone, fecero ogni tipo di razzia, ci spogliarono delle nostre ricchezze, cancellarono la nostra cultura con i suoi simboli, ci tolsero la nostra libera repubblica e ci consegnarono nelle mani di una monarchia straniera, austriaca prima e italiana poi.

Adesso abbiamo capito perché stanno parlando di terza guerra mondiale già iniziata. Abbiamo capito anche che lo scopo è di mettere nel caos mezzo mondo e così poter continuare un’infinita guerra ai terroristi, che seguitano a creare. Quando siamo minacciati non ci lamentiamo delle tasse e dei disservizi, ma stiamo tutti buoni e ci uniamo a sostegno dei governi che combattono le loro stesse creature del terrore che ovviamente se la prendono con noi poveri civili indifesi.

Ma qual’ è lo scopo dei terroristi? Cos’è che li muove? Qua bisogna analizzare ogni singolo attacco e fare un distinguo tra mandanti ed esecutori materiali, perché gli esecutori sono convinti di una cosa, mentre i cinici mandanti hanno degli scopi e dei fini ben diversi.

Parliamo prima dei mandanti, come per gli omicidi, anche per gli attentati, per trovare il colpevole bisogna trovare il movente! Ma quale può essere stato il movente degli attentati di Parigi? Sappiamo che subito dopo è stato annunciato l’annullamento della visita in Francia ed in Italia del presidente iraniano Rohani. Guarda che coincidenza è proprio quello che volevano a Riyad, in Arabia Saudita, (e non solo): evitare che l’Iran normalizzi i suoi rapporti con l’Europa. Questo, a mio avviso, è stato il vero movente degli attentati: bloccare gli accordi con l’Iran e alzare il livello di tensione.

Ecco che abbiamo capito che i mandanti degli attentati ben difficilmente sono pazzi integralisti come ci vogliono far credere, ma ci troviamo di fronte a piani ben finalizzati di servizi segreti di stati senza scrupoli che per i loro sporchi obiettivi sono disposti a sacrificare tante vite innocenti. Per questo si capisce anche perché non si riesce ad evitarli o perché sono gli stessi servizi segreti ad organizzarli oppure dai loro colleghi di qualche altro stato. Solo così si può spiegare questa capacità di colpire in modo così inaspettato e imprevedibile. E quando la magistratura arriva a scoprire qualcosa? Ecco che arriva pronto il segreto di stato e i depistaggi così tutto torna a posto e la gente non viene a sapere niente.

Diverso il discorso degli esecutori quelli forse veramente credono di essere dei martiri e di avere una ricompensa nell’aldilà, ma andiamo a vedere chi erano gli otto attentatori di Parigi. Se è vero che non tutti gli immigrati sono terroristi e altrettanto vero tutti i terroristi erano immigrati: due “rifugiati” arrivati coi barconi (alla faccia di chi dice che lì in mezzo non ci sono terroristi) e sei immigrati di quarta e quinta generazione. Questo ci deve far pensare parecchio, perché ci fa capire che queste persone dopo tutto questo tempo non si sono ancora integrate. Uno di questi ha lasciato un biglietto con scritto: “Non c’è posto per me in questo paese”. Questo ci fa comprendere il grande dolore interiore e la grande infelicità che c’era dentro queste persone trasformate in strumenti di morte. Questa è la prova che il modello di società che stanno costruendo va bene solo per creare problemi e infelicità. E stiamo parlando della moderne Parigi e Bruxelles, ma questi ragazzi avevano già la morte dentro ancora prima di farsi saltare in aria! Ma che razza di società stiamo creando?

Uno potrebbe obiettare che in Australia, Nuova Zelanda e Americhe la società multiculturale funziona, ma non è vero, perché in quei paesi ci troviamo di fronte a società che sono in pratica monoculturali con ferreo controllo sull’immigrazione! Infatti c’è un forte sentimento nazionale che unisce, però nonostante questo i fenomeni di ghettizzazione e disadattamento non mancano. Direi piuttosto che sono multirazziali, il colore della pelle non è un problema se la cultura è affine o almeno compatibile. Nel nostro caso questi immigrati sono di razza bianca, ma non c’è stata integrazione nonostante le tante generazioni, perché le culture sono troppo diverse e incompatibili. Inoltre le società americane sono nate sull’annientamento delle civiltà indigene e gli immigrati hanno imposto la loro cultura, oltre ad avere a disposizione enormi spazi disabitati. Cosa che non è fattibile, ne paragonabile all’Europa.

Allora alla luce di questi dati di fatto, ripeto dati di fatto, capiamo che favorire l’immigrazione e continuare a “deportare” persone con culture profondamente diverse e incompatibili con la nostra crea solo disadattamento ed emarginazione che portano frustrazioni e all’infelicità. Inoltre se la percentuale di immigrati è entro certi limiti (che abbiamo già superato da un pezzo) forse si riesce nell’integrazione, altrimenti si va incontro al fenomeno della ghettizzazione, appunto come si è verificato in molte zone d’America.

Adesso dicono che bisogna intervenire nelle periferie… ma la verità è che nessuno sa come e cosa fare, perché quando le differenze culturali sono così profonde l’integrazione non può esserci. Bisognerebbe cambiare radicalmente le politiche migratorie in Europa, dare un futuro a tutte queste genti nella loro terra con la loro cultura! Uno potrebbe obiettare che là c’è guerra, a parte che solo uno su dieci scappa veramente dalla guerra, mentre gli altri cercano benessere, ma non dimentichiamo che la guerra l’abbiamo creata noi! Da quando ci sono le guerre i campi profughi si creano in luoghi sicuri nelle vicinanze del conflitto e appena finito tutti tornano a casa a ricostruire, da quando in qua si deportano i profughi e gli sfollati? Anche perché là ci costano un euro al giorno, qua trentacinque! E cosa diremo a queste persone quando scopriranno che lavoro non ce n’è e che il benessere sperato non arriverà mai?

Questa politica migratoria sta solo creando un mondo di infelicità e di problemi, speriamo di riuscire a cambiarla in fretta, anche perché, mi pare, sia già troppo tardi.

Francesco Falezza

Gender ?

04 Novembre 2015
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In questi tempi si sente parlare spesso della teoria Gender, ma ben pochi sanno esattamente di cosa si tratta, ho provato a leggere diversi pareri, ma, ho notato, che ognuno aveva una versione diversa dall’altro, tutti l’avevano interpretata e manipolata a proprio piacimento, esponendo le cose che più piacevano e tacendone altre che non gradivano.

Brevemente i punti fondamentali di questa  “teoria” si potrebbero riassumere così: non esistono differenze fra il maschile e femminile, l’identità sessuale prescinde dal dato biologico: è determinata invece dai modelli culturali e sociali, nella persona, nella famiglia, nella società i ruoli sono fluidi e intercambiabili.

Questi studi di genere considerano la nostra identità, una realtà complessa e dinamica, una sorta di mosaico composto dalle categorie di sesso, genere, orientamento sessuale e ruolo di genere. Ma mentre il sesso è determinato biologicamente (cioè nasciamo maschi o femmine), il genere viene considerato un costrutto socioculturale, in sostanza, qualcosa che si acquisisce, che non è innato, e che ha a che fare con le differenze socialmente costruite fra i due sessi, l’identità di genere riguarda il sentirsi uomo o donna, altra cosa ancora è l’orientamento sessuale che è l’attrazione, affettiva e sessuale, che possiamo provare verso gli altri.

Ma perché si parla tanto di questo? A causa della riforma cosiddetta della “Buona Scuola”, in particolare a causa del comma 16 dell’art. 1 legge 107/2015 che recita: “Il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni….”

Questo articolo a prima vista pienamente condivisibile, ha destato preoccupazione per l’uso della parola genere e delle interpretazioni che ne potrebbero seguire; infatti già in alcune scuole, ancor prima dell’approvazione di questa legge, si sono realizzate iniziative e acquistato libri che hanno sviluppato temi riconducibili alla cosiddetta “Teoria Gender”. Il timore è che attraverso le interpretazioni di questa legge l’ideologia lasci il piano del dibattito di idee per entrare nella vita quotidiana di cittadini e famiglie.

Il ministro della pubblica istruzione si è affrettato a diramare una circolare dove ha ribadito che non c’è alcuna intenzione di fare questo, ma solo di prevenire violenze e discriminazioni. Vedremo se questo sarà mantenuto o se, invece col passare del tempo, verrà cambiata questa interpretazione. Un vecchio politico italiano diceva: “A pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca!”.

Ma veramente questi studi e/o questa teoria potrebbero essere efficaci per evitare violenze e discriminazioni? E le politiche fatte finora sono o non sono efficaci contro questi problemi?

Dove sono state applicate si sono tradotte in una educazione sessuale precoce che assomiglia più a un’iniziazione che ad una educazione vera e propria, oltre ad avere il limite di occuparsi quasi esclusivamente del cosiddetto “bullismo omofobico” quando sappiamo che il problema della violenza e ben più ampio e va affrontato a 360°.

Come funziona? In pratica si tende a negare le differenze tra i sessi, si considera il genere a prescindere dalla natura biologica dell’individuo, in pratica uno è quello che si sente e vuole essere, o meglio è quello che è stato educato ad essere. Pertanto rimuovendo questi stereotipi educativi si elimina la reazione violenta di alcuni e si otterrebbe libertà e rispetto per tutti.

Purtroppo ,o per fortuna, la realtà non funziona così, già da quando siamo piccolissimi emergono le differenze tra maschi e femmine, al di là dell’educazione ricevuta. Lo si nota chiaramente nei giochi, nell’aggressività, nei comportamenti ancora prima della maturazione sessuale e psicologica, che avviene con tempi diversi e che farà aumentare ancora di più queste differenze.

Pertanto negando o ignorando queste differenze o, peggio, educando qualcuno ad essere quello che non è, si otterrà ancora più frustrazione che sappiamo andrà a sfociare nell’aggressività e nella violenza.

La soluzione del problema invece va proprio nella direzione opposta, infatti non è negando le differenze che lo si risolve, ma è solo insegnando a rispettarle che si può ottenere qualche buon risultato. Le differenze ci sono, sono evidenti e sotto gli occhi di tutti perché negarle? Cosa si spera di ottenere? Ci vuole tanta educazione civica che insegna a rispettare non solo le differenze e preferenze sessuali, ma anche tutte le altre!!!

Pensate un po’ a che società stanno creando: stanno deportando (non vedo termine più adatto) milioni di stranieri provenienti da culture profondamente diverse dalla nostra, per dirlo con chiarezza queste persone hanno una concezione della donna, della religione e della società simile a quella che noi avevamo almeno 700 anni fa… e vogliamo spiegare a questi la parità tra i sessi? Le pari opportunità? Fargli accettare i matrimoni omosessuali?

Poi l’Italia, che si crede tanto emancipata, perde dal 10 al 15% di turisti a favore di Grecia, Croazia e Spagna perché non ci sono spiagge per la tintarella integrale, in quasi tute le saune è obbligatorio l’uso del costume da bagno anche se sanno bene che le fibre sintetiche a quelle temperature si decompongono generando sostanze altamente tossiche, la prostituzione è nelle mani delle mafie e non esistono leggi efficaci per regolamentarla e per tutelare chi pratica quel mestiere!!! Capiamo subito che lo stato italiano non è nemmeno in grado di affrontare questi problemi relativamente semplici. Ma, non solo, assistiamo ancora ad omicidi e attacchi con l’acido scatenati dalla gelosia, per non parlare dei delitti di immigrati che hanno ucciso la figlia perché non voleva indossare il burka! In questo contesto, che disegna un paese incapace di affrontare e regolamentare problemi conosciuti e vecchi come questi, figuriamoci cosa combinerà nell’affrontare problemi complessi come il bullismo giovanile, le pari opportunità, l’integrazione, il disadattamento, le violenze domestiche e giovanili.

Non dimentichiamo che alcuni di questi problemi sono causati anche da un’immigrazione extracomunitaria sfrenata e deregolamentata, che ha comportato un rimescolamento di culture troppo diverse tra loro, che ha causato problemi di disadattamento e mancata integrazione che generano frustrazione che inevitabilmente sfocerà in violenza.

Questo ci dice la psicologia… e per risolvere tutto questo? Si vuole forse ispirarsi alla perversa teoria del Gender? L’errore di questa ideologia e quello di negare le differenze, cosa che lo stato italiano è ben abituato a fare nella sua attività di cancellazione delle identità e dei popoli che abitano la penisola italica, invece la soluzione va proprio nella direzione opposta, cioè solo rispettando e insegnando a rispettare le differenze se ne viene fuori! Ma non esistono solo le differenze di genere, ci sono anche quelle culturali, quelle dei popoli in generale e quella del popolo Veneto in particolare!!! Bisogna rispettare tutte queste differenze se si vuole veramente costruire una società tollerante, altrimenti violenze e soprusi continueranno ad esserci e sempre in misura maggiore.

Francesco Falezza